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Undici anni fa ci lasciava “Paolino” Ponzo

Era il 24 marzo del 2013 e l'ex N°7 aquilotto ci lasciava per sempre. Il suo amore per la maglia aquilotta, la sua professionalità e la sua passione per sempre indelebili con la scritta all'interno di ogni maglia da gara che accompagna ogni volta i giocatori dello Spezia in campo.

Era il 24 marzo del 2013 quando, all’età di 41 anni, l’ex centrocampista dello Spezia Paolo Ponzo morì all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure a causa di un malore avuto poche ore prima durante una corsa podistica tenutasi a Loano. Tra le cause del malore vi sarebbe stato anche un principio di assideramento.

È morto assiderato sulle alture di Balestrino l’ex N°7 aquilotto. Paolo Ponzo si è addormentato in attesa dei soccorsi dopo essersi sentito male e seduto a terra. Il suo cuore ha cessato di battere per il freddo e la stanchezza. Ibernato senza che nessuno potesse fare nulla.

Quando i soccorritori arrivarono il suo cuore aveva già smesso di battere: al traguardo della Maremontana mancavano poco più di quattromila metri.

Lo piangono ancora oggi i figli Giordi, Gioele e Giovanni, e la moglie Michela, ma non sono i soli perché Paolino Ponzo era riuscito a “toccare” in maniera particolare tutte le tifoserie delle maglie che aveva indossato pur essendo spesso queste anche acerrime rivali tra di loro.

Volete un esempio? Il 18 maggio 2013, poche settimane dopo la sua scomparsa, allo stadio “Mirabello” di Reggio Emilia si è disputata la prima edizione di un torneo giovanile amichevole denominato “Paolino Day“, organizzato dalla Reggiana con la partecipazione delle formazioni “Primavera” o “Berretti” dei granata emiliani, Spezia, Modena e Savona ossia quattro club ai quali Ponzo ha legato buona parte della propria carriera.

Allo stadio “Braglia” di Modena ora la tribuna porta il suo nome: “Tribuna Paolo Ponzo“.

Le sue parole da cui c’è tanto da imparare

«Sono piccolino, un po’ curvo e non certo uno spettacolo per gli occhi. “Il gobbetto della fascia” mi dicono. Ma io mica me la prendo ! Anzi questa mia caratteristica forse fa si che la gente mi voglia ancora più bene» raccontava “Paolino” in ogni intervista.

Odiava in tutti i modi le simulazioni e i simulatori: “Amo il calcio inglese perché lì se stanno per terra più di dieci secondi vuol dire che si sono fatti male davvero”.

E non sopportava l’apatia di tanti giovani che si affacciavano al mondo del calcio:

«Quando sento ragazzi di vent’anni lamentarsi perché “oggi c’è un allenamento pesante” oppure “sono stanco, speriamo finisca presto” io divento matto. Mio padre ha lavorato più di trent’anni alla Montedison e quando penso a lui e in che condizioni tornava a casa dopo dieci ore di lavoro quei ragazzotti viziati li prenderei a pugni»

Ma la cosa che lo distingueva di più era la passione che riversava immensa per questo sport che per lui diventò un lavoro:

«Quando feci il mio esordio in Eccellenza a Vado ero fuori di me dalla gioia. Ora ci sono ragazzi che giocano in Serie A che non hanno neppure la metà del mio entusiasmo di allora».

Personalità, senso di appartenenza, amore per la maglia

Aveva una personalità davvero non banale Paolino Ponzo che accettò di scendere in C1 per difendere i colori delle Aquile nella stagione 2005/2006 e con cui centrò al primo tentativo la promozione in B riportando lo Spezia in cadetteria dopo più di 50 anni dall’ultima volta.

Protagonista anche della grande salvezza della stagione successiva disputando con gli aquilotti il torneo cadetto salvandosi in un’incredibile doppia sfida Play-Out contro l’Hellas Verona.

56 presenze in maglia bianca che l’anno consacrato per sempre nella storia aquilotta (che diventano 60 considerando le gare di Coppa Italia, Ndr), una maglia in cui all’interno di essa campeggia una sua celebre frase a monito di ogni futuro giocatore che, dopo di lui, la indosserà in un ipotetico passaggio di consegne.

Ogni calciatore che veste questa maglia deve sentirsi da una parte onorato, dall’altra fortemente responsabile per ciò che rappresenta

Ciao Paolino, ci manchi…

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