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Genoa, Serie A in Only One Year: le ragioni del successo

Il Grifone torna immediatamente in A: ecco come ha fatto il club rossoblù a tenere fede al suo motto, ‘Only One Year’ in Serie B.

A meno di un anno dalla sua retrocessione, il 21 maggio 2022, il Genoa è tornato in Serie A. Una ripartenza immediata, una promozione voluta, cercata e ottenuta, non senza difficoltà brillantemente superate da una squadra che ha saputo fare blocco, limitando i passi falsi e dimostrandosi cinica e matura quando è stata chiamata a farlo. Ma ecco gli elementi che, insieme, hanno composto la formula perfetta per il raggiungimento dell’obiettivo, più volte ripetuto come un mantra dalla dirigenza rossoblù: “Only One Year“, solo un anno in Purgatorio, per tornare più forti in Paradiso.

Gilardino: il cambio di marcia

Il depositario di tutte le attese e il primo a farsi carico del gravoso compito, però, non fa più parte del mondo-Genoa. Si tratta di Alexander Blessin. Con il tedesco al comando la stagione era partita anche benino, ma la squadra è poi finita in un vortice negativo che rischiava di inghiottire tutte le speranze dei tifosi rossoblù. A trarre in salvo il Grifo, è stato il classico uomo che non ti aspetti: Alberto Gilardino.

Il tecnico, che pur stava facendo bene con la Primavera, sembrava destinato a tornarvi presto, cedendo le chiavi della panchina ad un altro prescelto. Invece, la sua straordinaria cultura del lavoro, motivazione, forza di volontà e, soprattutto, la sua imperturbabilità alle avversità mostrate nel periodo ‘ad interim‘ hanno sorpreso la società, che ha deciso di riporre in lui la massima fiducia – e ha fatto bene. Gilardino, allenatore giovanissimo e relativamente inesperto, ha saputo portare il suo gruppo a destinazione come un vecchio lupo di mare della Serie B, un mare sempre torbido. A confermare tutto ciò, bastano i freddi numeri: media di 2,35 punti a partita; 13 vittorie, 6 pareggi e una sola sconfitta in 20 panchine; nessun gol subito al Ferraris.

I meriti di una società compatta

D’altronde, la scelta di puntare su di lui era un rischio non indifferente, che solo una dirigenza tenace e determinata avrebbe potuto fare. Ha dimostrato di esserlo il direttivo del Genoa, a cui forse si può imputare unicamente di averci messo un po’ troppo a sollevare Blessin dall’incarico. Allo staff del Grifone veniva mossa spesso un’altra critica, questa rivelatasi priva di fondamento: l’essere troppo dispersiva. Si diceva che una proprietà dall’altra parte del mondo, un “super ds” comune agli altri club della famiglia 777 (Spors) con un sottoposto locale a farne le veci (Ottolini) e un ad semi-estraneo al mondo del calcio come Blazquez non sarebbe stata una formula destinata a funzionare.

Invece, è stato l’esatto contrario: tutti i componenti della società hanno svolto il loro compito al massimo delle proprie possibilità e nel rispetto dei ruoli. L’esempio lampante di questa compattezza è, sicuramente, la presenza frequente di Pasko e Wander, i vertici americani di 777, al seguito della squadra, anche in trasferta.

I tifosi: comunque e ovunque

Non si può non citare, infine, la larga fetta di merito che hanno i tifosi rossoblù in questa cavalcata. Un supporto fuori categoria, da Serie A, in tutto l’arco della stagione. A partire dalla eccezionale campagna abbonamenti, che ha fatto registrare più di 20000 tessere. Passando per le capienze di spettatori da capogiro di Genoa-Reggina (30755) e Genoa-Ascoli (33000), che hanno permesso al Grifone di tenere una media di pubblico tra Serie A e B all’ottavo posto subito dietro alle Sette Sorelle della massima serie, col primo posto in cadetteria. Senza dimenticare gli esodi nelle trasferte di Cittadella, di Brescia, diPisa, di Como. Fino ad arrivare alle più impervie come quella di Cagliari, che hanno fatto tenere fede ad un altro motto dei genoani: “Comunque e ovunque“.

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