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Colombo: “Alvini è un tecnico preparato molto bravo a farsi seguire”

L’ex centravanti dello Spezia racconta il futuro tecnico aquilotto che lo ha allenato nelle comuni esperienze con Tuttocuoio e Pistoiese

Lunga intervista oggi a firma del collega Armando Napoletano sulle pagine de Il Secolo XIX all’ex aquilotto Corrado Colombo con il centravanti che ripercorre la sua esperienza con Alvini, futuro allenatore dello Spezia, come proprio tecnico.

Alvini? Lo conosco bene dai tempi del Tuttocuoio” – ricorda il centravanti – “Arrivai nel Novembre 2011 al Tuttocuoio, Alvini era ultimo in D: alla fine 12 gol e sfiorati i play off; l’anno dopo vincemmo la D, con grandi club nel girone, e lui inventò bel calcio, con me in attacco che feci più di 20 gol. Poi in C2, play out e salvezza. 90 partite e circa 50 gol, con lui a guidarmi.

L’ESPERIENZA IN COMUNE –Quattro anni con lui, poi mi convinse a seguirlo anche a Pistoia. Lui faceva divertire il gruppo, bravo a farsi seguire. A livello tattico era già con la testa alle categoria superiori».

MENTALITA’ – «Analitico e preparato. Già al tempo aveva l’ausilio di video dei calciatori e per analizzare i nostri errori, molto informato sugli avversari. Era un buono, ma pazzo, nel senso migliore; lui partiva il venerdì per verificare prima di noi il terreno dove si sarebbe giocato. A volte scavalcava o parlava con i custodi. Gavetta, la migliore gavetta. Preparava la fase offensiva, doveva far male contro chiunque».

COLLABORAZIONE – «Mi piacerebbe tanto lavorare con lui, ma non gli ho mai detto nulla. Dopo aver conseguito il mio patentino da allenatore, ci sentimmo. Gli ho parlato anche di recente, ma non conosco i suoi programmi. Soltanto pensare di indossare di nuovo una tuta dello Spezia, con lo stemma al petto, mi emozionerebbe; rivivere l’uscita dal tunnel, sentire la gente che urla, la Curva Ferrovia. Sarebbero cinquanta metri di forte emozione. Chissà».

SPEZIA E LO SPEZIA –Gli ho spiegato cosa sono La Spezia e lo Spezia e cosa comporti allenare lì. Spero di essere stato bravo; non va in una città comune ad altre, ma in un posto dove il calcio è tutto, e tutto rappresenta il calcio. Deve trascinare non soltanto la squadra, ma una piazza intera, essendo soprattutto se stesso, come lo è stato a Perugia e a Reggio Emilia. Non si deve snaturare e sapere quale responsabilità avrà, perché non è un posto per chiunque».

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