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Indiani: “Si vedeva che Semplici aveva le stimmate dell’allenatore”

Il tecnico dell’Arezzo ha allenato quello dello Spezia per 9 campionati: “Era un difensore, ma pensava già da allenatore. E’ intelligente e capace, sa adattare i moduli ai giocatori che ha a disposizione e non il contrario

Lunga intervista dei colleghi de Il Secolo XIX all’attuale allenatore dell’Arezzo Paolo Indiani, primo in classifica nel Girone E di Serie D, indicato da Leonardo Semplici come suo vero e proprio mentore calcistico.

Un allenatore che ha sempre lavorato tra Serie D e Lega Pro conquistando ben 9 promozioni, l’ultima la scorsa stagione con il San Donato Tavarnelle che ha vinto per la prima volta nella sua storia la IV Serie Nazionale salendo tra i professionisti.

Ecco alcune delle risposte più interessanti dell’allenatore toscano ai colleghi.

SU LEONARDO SEMPLICI – «Un mio figlioccio. Lui andava al mare a Marina di Castagneto Carducci, io a San Vincenzo. Ci si trovava a metà strada per parlare di calcio, per ore, ed era sempre la stessa cosa, facevamo notte sul pallone».

SEMPLICI CALCIATORE – «È stato un mio calciatore per nove anni, ne conosco ogni lato e se ci sono spigoli li trovo. Diciamo che è soprattutto un ragazzo intelligente a 360 gradi, capace cioè di dare buone interpretazioni non solo in campo ma anche psicologicamente. Era uno di quelli che quando te ne vai da un club e passi a un altro, lo segnali subito al tuo nuovo presiedente e gli dici: “Vuoi vincere? Prendi questo”».

CENTRALE DIFENSIVO E AIUTANTE IN CAMPO – «Con me faceva il difensore centrale; nella Rondinella Impruneta, a fine anni ’90, avevamo una difesa che era unica. Barzaghi a destra, giovanissimo, poi Leonardo centrale e Baroni a sinistra, quest’ultimo tecnico del Lecce, oggi. Tu potevi spiegare ai due ai lati tutti i movimenti che volevi, ma poi nella realtà comandava la difesa lui. Gli altri facevano quello che gli indicava Semplici, e per me diventava una sorta di aiutante in campo. Quell’anno capitava spesso che lui muovesse lo schema dando un cenno a me solo con lo sguardo, un assenso».

STIMMATE DA ALLENATORE – «Non credo che definizione sia più esatta di questa se parli di Leonardo; sapevi già come finiva la sua carriera».

UNO CHE SI ADATTA AGLI UOMINI CHE HA – «Un allenatore intelligente si adatta, e modifica le proprie idee a seconda delle situazioni e dei calciatori. Lui, a Ferrara, faceva 3-5-2, poi arriva alla Spezia, studia la situazione e si rende conto che non può farlo. Magari, immagino da distante, come avviene per gli allenatori che usano la testa, sentendo i calciatori stessi, che di indicazioni te ne danno quante ne vuoi se sai farli parlare, si mette a giocare 4-3-3. Io penso sia una dote che hanno pochi oggi».

UN GRANDE ALLENATORE PUO’ ANCHE NON AVER GIOCATO A GRANDI LIVELLI – «Quello che non capisco e dove sta scritto che uno per essere un ottimo allenatore deve aver giocato ad alti livelli. Non scomodo il caso di Arrigo Sacchi, ma è la realtà pura; dico anche che quelli che hanno frequentato il grande calcio, che hanno un nome importante, che finiscono spesso e volentieri sui giornali, hanno magari un vantaggio che non meritano rispetto a chi viene dalla gavetta. Io e Semplici facciamo parte di quest’ultima stirpe. Veniamo dal basso, ma non è un carattere negativo distintivo, anzi io lo reputo qualcosa di essenziale».

SULLO SPEZIA – «Sì, lo facevo anche prima che arrivasse Semplici, ora ancor di più. È chiaro che ha una buona squadra e che ha dato una scossa. Lo scriva, si salvano sicuro, facciano gli scongiuri del caso da quelle parti, ma la squadra ligure con Semplici in panchina resta in A»

 

Photo Credits: S.S. Arezzo

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