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La lezione di Italiano: “Lo Spezia ora cresce”

Il tecnico aquilotto: “Abbiamo meno qualità degli altri. Ci aggrappiamo ad idee e identità”

Vincenzo Italiano, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato dei suoi principi di gioco, del gusto del pallone tra i piedi e della consapevolezza che attraverso l’organizzazione e le idee si possono nascondere i limiti tecnici individuali.

Italiano, è soddisfatto di quanto sta facendo lo Spezia?
«Stiamo crescendo, nella par- tita con l’Atalanta siamo stati concentrati dall’inizio alla fine. In Serie A ti possono castigare in ogni momento. Contro Sassuolo, Milan e Juve dopo un’ora siamo calati, contro l’Atalanta è andata diversamente. Noi vorremmo sempre avere in mano il pallino, in B eravamo secondi per possesso palla, ma in A non si può. Bisogna adattarsi. In C il mio Trapani giocava molto verticale recuperando la palla in avanti, in B lo Spezia aveva una manovra più ragionata e avvolgente. In A bisogna mediare, ma per la qualità degli avversari credo sia meglio essere aggressivi, togliere tempo e spazio. L’allenatore deve essere pronto ad adattarsi a tutto, anche senza cambiare il sistema di gioco».

La linea difensiva così alta serve anche a dare autostima?
«Se teniamo gli avversari lontano dalla nostra area, corriamo meno rischi. E i giocatori ne sono consapevoli».

Appoggiate spesso la costruzione sui terzini anche per liberare Ricci che spesso è marcato. E’ il concetto del “tutti registi” di cui ha parlato nella tesi di Coverciano?
«Esatto. I più bravi a centrocampo sono sempre pressati in modo asfissiante e allora bisogna trovare alternative. Servono difensori che conoscano il gioco e lo sviluppino».

La costruzione dal basso è necessaria anche quando rischiosa?
«Se mando la palla avanti a caso, dopo pochi secondi corro un pericolo. Se c’è lo spazio, bisogna sempre giocare».

Il motivo per cui le provinciali, rispetto al passato, cercano di più il possesso è che le distanze dai top club sono aumentate e “giocare di più” è l’unica strada per opporsi al loro talento?
«La penso esattamente così. Se continui a consegnare la palla ad avversari che hanno molta più qualità di te, starai sempre in trincea. L’unico rimedio è tenere il pallone, gestirlo».

Qual è il segreto di una buona transizione?
«La posizione in cui la fai: meglio se è vicino alla porta avversaria. E poi la velocità con la quale la esegui. Le transizioni sono l’unica alternativa reale alla costruzione attraverso il ragionamento e i concetti di gioco provati in allenamento».

Lo Spezia è più forte della somma dei suoi valori individuali. Merito delle sue idee?
«Merito delle idee, del gioco, dell’organizzazione e della partecipazione di tutti. Noi abbiamo meno qualità rispetto alle nostre avversarie. E allora ci aggrappiamo a identità, idee, spirito di sacrificio, lavoro».

Però tirate poco in porta.
«A volte creiamo le condizioni ma poi non ci riusciamo».

Quella contro la Lazio sarà l’ultima partita a Cesena, poi tornerete a La Spezia.
«Meno male: ogni volta dobbiamo fare 3 ore di pullman per andare a Cesena. Ci è mancato il senso di protezione che ti dà il tuo stadio pur senza pubblico».

Con Galabinov siete più incisivi, con Nzola giocate meglio: concorda?
«Sono profondamente diversi: Galabinov è più cinico, Nzola è più dinamico e attacca la pro- fondità in maniera diversa».

Quanto tempo ci vuole per trasmettere i propri concetti?
«E’ un lavoro quotidiano che svolgi attraverso mille sollecitazioni e stimoli. Non devi chiederti quando arriveranno i risultati. Tu lavori, semini e poi all’improvviso sboccia tutto».

3Ha già individuato le rivali per la salvezza o è presto?
«Bisogna vedere se Fiorentina, Torino e Udinese risaliranno. Io spero che la mia squadra cresca come sta facendo. Per caso vinci una o due partite, la salvezza la costruisci con la forza del lavoro. E sarebbe davvero come uno scudetto, anzi di più».

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