Contratti sportivi fino a 8 anni: svolta epocale nel professionismo italiano

Approvato il nuovo tetto contrattuale: più potere ai club, ma l’Uefa mantiene il limite per il Fair Play Finanziario

Una riforma storica è stata approvata dal Consiglio dei Ministri, destinata a modificare profondamente l’assetto contrattuale del lavoro sportivo professionistico in Italia. Il decreto legge, varato lo scorso venerdì, introduce un cambiamento significativo: la durata massima dei contratti professionistici passa da cinque a otto anni. Lo prevede l’art. 11, punto 4, lettera b, del nuovo testo normativo che modifica il D. Lgs. n. 36/2021.

Dopo quasi 45 anni di limite quinquennale, questa norma apre a una gestione radicalmente diversa dei rapporti tra club e atleti, offrendo maggiore stabilità contrattuale alle società, che potranno vincolare i propri tesserati per periodi ben più lunghi. L’obiettivo dichiarato è rafforzare gli asset sportivi dei club, consentendo una pianificazione a lungo termine degli investimenti sui giocatori.

Come osserva l’avvocato Mattia Grassani, esperto in diritto sportivo, in un’analisi pubblicata sul Corriere dello Sport, la riforma consente alle società di ammortizzare il costo dei cartellini in 8 esercizi contabili, aumentando la sostenibilità degli investimenti e riducendo l’impatto immediato a bilancio. Tuttavia, questa opportunità si applica solo nei contesti di diritto nazionale, e non modifica i criteri fissati a livello internazionale.

Infatti, la Uefa manterrà invariato il tetto quinquennale per l’ammortamento ai fini del Fair Play Finanziario. L’organismo europeo aveva già aggiornato la normativa nel 2023, proprio per contrastare il modello Chelsea, club che aveva distribuito l’impatto economico di numerosi acquisti su contratti di oltre otto anni (tra cui Mudryk, Badiashile e Fofana). Una mossa che aveva sollevato polemiche e innescato la reazione regolamentare.

Anche la Premier League ha adottato misure simili, vietando l’ammortamento dei cartellini su più di cinque anni. Una decisione presa a maggioranza (15 voti favorevoli su 20) per uniformarsi ai principi Uefa ed evitare aggiramenti delle regole finanziarie.

Un’altra questione aperta riguarda le norme FIFA sui contratti e le clausole di rescissione. L’articolo 17 del regolamento prevede oggi che un giocatore possa svincolarsi unilateralmente dopo due stagioni se ha più di 28 anni, oppure dopo tre stagioni se è più giovane. Grassani ipotizza che, a seguito della nuova normativa italiana, anche la FIFA possa valutare un’estensione del periodo “protetto” contrattuale, portandolo rispettivamente a quattro e cinque anni. Tuttavia, questa eventuale revisione richiederà ulteriori approfondimenti e un confronto tra federazioni e organi di governance sportiva.

Il nuovo scenario apre quindi prospettive inedite per i club italiani, che potranno blindare i propri giovani talenti per periodi più lunghi, riducendo il rischio di perderli a parametro zero e migliorando la gestione patrimoniale dei calciatori. Al tempo stesso, si pone il tema dell’equilibrio tra tutela dei club e libertà degli atleti, soprattutto nel contesto di un sistema europeo che tende a promuovere regole uniformi.

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