Una pietra d’inciampo per Federico Bozzo: memoria e sport davanti al Picco

Sarà posata nel 2026 la pietra in onore del calciatore deportato e morto a Gusen: il ricordo di una vita tra il campo e la tragedia

Una pietra d’inciampo verrà collocata, per la prima volta, davanti allo stadio Alberto Picco della Spezia in onore di un ex calciatore della squadra, Federico Enrico Bozzo, deportato e morto nel campo di concentramento di Gusen nel 1945. Come spiegano oggi i colleghi de Il Secolo XIX l’iniziativa è stata promossa dal nipote Federico Gasperini insieme all’Associazione Nazionale Ex Deportati (Aned), grazie all’impegno di Doriana Ferrato. L’autorizzazione alla posa è stata concessa per un luogo simbolico, lo stadio Picco, e non l’abitazione in cui Bozzo visse in Via del Canaletto 105.

Federico Enrico Bozzo (nella foto il primo da sinistra dei giocatori accosciati, Ndr) nacque il 15 agosto 1907 a Deiva Marina. Dopo aver esordito nel Savona, fu acquistato dallo Spezia, con cui disputò sei campionati di Serie B totalizzando 107 presenze e 1 rete. Due allenatori stranieri, l’inglese James Board e l’ungherese Vilmos Wilhelm, ne valorizzarono le doti difensive. Bozzo, terzino roccioso e uomo su uomo, esordì il 17 novembre 1929 nella sfida Casale-Spezia. Negli anni Trenta si stabilì a La Spezia, si sposò con Italia Del Bene e iniziò a lavorare, dal 12 gennaio 1931, per la Società Industria Italiana Petroli.

Nel 1935, anno della retrocessione dello Spezia, Bozzo tornò al Savona per due stagioni, per poi chiudere la carriera. Arrestato il 29 settembre 1944 a seguito di una delazione per attività politica e partigiana, venne trasferito dal carcere del 2 Giugno a quello di Marassi, quindi al campo di Bolzano. Il 19 dicembre 1944 fu deportato a Mauthausen con altri 291 italiani. Registrato col numero 113915, fu classificato come “Schutzhäftling” — prigioniero politico — con il triangolo rosso cucito sulla casacca.

Un mese dopo, Bozzo fu trasferito nel sottocampo di Gusen, noto per la produzione bellica e per essere diventato rapidamente un centro di sterminio. I prigionieri furono utilizzati anche nelle fabbriche Steyr-Daimler-Puch e Messerschmitt. Morì il 14 febbraio 1945 alle 6:30 del mattino, ufficialmente per “debolezza del muscolo cardiaco e decadimento generale del corpo”, una formula spesso usata per mascherare omicidi di massa.

Il dramma della deportazione sconvolse la sua famiglia. La moglie Italia necessitò di cure mediche, mentre la figlia Carla — nata il 6 luglio 1935 — fu trasferita in un collegio a Genova. La ricostruzione della storia di Federico Bozzo è oggi completa grazie all’instancabile lavoro del nipote, che ha raccolto testimonianze e documenti per restituire dignità e memoria al suo nome, oggi incluso nella “Stanza dei nomi” virtuale del Memoriale di Mauthausen.

Il Picco, per decenni teatro delle sue battaglie sportive, diventerà così anche il luogo della sua memoria, in un abbraccio tra calcio e Storia che supera il tempo e invita a non dimenticare.

Photo Credtis: Tifo Solo Spezia

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